La riunione della Bce di ieri ha lasciato in eredità il terzo taglio dei tassi, il secondo consecutivo, ma anche una situazione piuttosto incerta e una potenziale rivoluzione nel modus operandi dei responsabili di politica monetaria. Da un lato Lagarde ha sottolineato i progressi nella moderazione dei prezzi, dall’altro ha espresso una certa preoccupazione per il deterioramento della crescita, nella misura in cui può incidere sul raggiungimento del target di inflazione. Ora gli investitori si interrogano sulle prossime mosse dell’istituto e su quali aspetti peseranno maggiormente sulle decisioni, tra aspettative e dati puntuali.
Indice
- Bce taglia i tassi di 25 bp, pesano dubbi crescita
- Bce “dovish”, mercati prezzano taglio da 50 bp a dicembre
- La reazione dell’euro e dei bond al taglio tassi
- Il dubbio di ING sulla decisione della Bce
- Cosa farà la Bce d’ora in poi?
- Le aspettative di crescita e inflazione del sondaggio SFP
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Bce taglia i tassi di 25 bp, pesano dubbi crescita
Come previsto, la Bce ha tagliato il costo del denaro di 25 bp, abbassando il tasso sui depositi al 3,25%. Una decisione motivata sia dallo scenario più favorevole sul fronte dell’inflazione, sia dai crescenti rischi per la crescita. Gli ultimi indici Pmi, in particolare, hanno evidenziato un rallentamento dell’attività economica, soprattutto in Germania.
Christine Lagarde non si è sbilanciata sulle prossime mosse, attenendosi al solito copione: le decisioni verranno prese man mano, riunione per riunione, sulla base dei dati. Ribadito anche il mantra secondo cui i tassi rimarranno restrittivi ancora per un tempo necessario ad assicurare il ritorno dell’inflazione al target del 2%, un obiettivo che però potrebbe essere raggiunto prima del previsto (“nel corso del 2025”, e non più “nella seconda metà”).
Bce “dovish”, mercati prezzano taglio da 50 bp a dicembre
I toni di Lagarde e della Bce sono stati comunemente interpretati come “dovish”, soprattutto per quanto riguarda “il riconoscimento che la debolezza dei dati macro potrebbe costituire un ulteriore elemento di pressione al ribasso sui prezzi”, come sottolineato da Mps Capital Services. Motivo per cui “il mercato si è mosso a prezzare una certa probabilità di un taglio da 50 pb a dicembre e, a differenza della Fed, vede tagli per tutti i sei meeting sino a giugno 2025”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, secondo cui “la riunione della Bce rafforza l’ipotesi di raggiungimento del tasso sui depositi al 2% entro la metà del 2025, il che implica un taglio in ognuno dei prossimi meeting di politica monetaria entro giugno.”
Per Antonella Manganelli, AD di Payden & Rygel Italia, “al momento, sembra più probabile un taglio di 25 punti base a dicembre, seguito da riduzioni trimestrali che porteranno i tassi a un livello neutrale entro la fine del 2025.”
La reazione dell’euro e dei bond al taglio tassi
Come evidenziato da Mps, “il tono dovish della Bce si è tradotto in una debolezza pressoché generalizzata dell’euro”, mentre “l’effetto sui rendimenti dell’Eurozona è stato molto contenuto e più visibile sulla scadenza a due anni”.
In prospettiva, secondo Cesarano di Intermonte, la divergenza di politica monetaria tra Stati Uniti ed eurozona “potrebbe riportare il cambio euro/dollaro in area 1,05/1,07”, fermo restando l’incognita legata alle elezioni presidenziali del 5 novembre e alle prossime emissioni di Treasury.
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A fornire uno spunto piuttosto interessante è Carsten Brzeski, Global Head of Macro presso ING. Innanzitutto, l’esperto rimarca le crescenti preoccupazioni per le prospettive di crescita dell’eurozona e per il rischio che l’inflazione non raggiunga l’obiettivo, sottolineando che “i tassi sono stati tagliati di nuovo perché la Bce pensava di poterlo fare, non perché fosse necessariamente obbligata”.
Ma soprattutto, Lagarde “ha sostenuto che le decisioni non costituiscono in alcun modo una deviazione dalla strategia di dipendenza dai dati.” Tuttavia, “il calo dell’inflazione era previsto”, quindi sarebbero stati “solo i Pmi più deboli del previsto a spingere l’istituto a tagliare”. Peraltro, la presidente non ha fornito alcuna indicazione su “potenziali cambiamenti al profilo di crescita, ancora molto ottimista, delle previsioni di settembre”.
Pertanto, secondo Brzeski, “questo sembra un passaggio dalla dipendenza dai dati alla dipendenza dai punti dati”, il che sottintende “una crescente divergenza tra il modo in cui, da un lato, il Consiglio direttivo e, dall’altro, lo staff della Bce (quindi i modelli) guardano all’economia.”
Mentre i primi due tagli sono stati “guidati dalla fiducia nelle previsioni di inflazione a lungo termine”, la mossa di ieri è stata determinata “dagli sviluppi dei dati effettivi e da un passaggio dalle preoccupazioni per l’inflazione alle preoccupazioni per la crescita”.
Cosa farà la Bce d’ora in poi?
Secondo il capoeconomista macro di ING, “finché non ci saranno segnali di un rimbalzo significativo dell’economia della zona euro o di reflazione, la Bce continuerà a tagliare i tassi.” Tuttavia, vista la spiegazione molto incerta sulla decisione di ieri, “sembra che l’istituto non abbia ancora preso una decisione sui prossimi passi”.
Visto l’attuale slancio economico negativo, ING vede “una traiettoria più debole per l’economia rispetto a quanto previsto dalla Bce”, che quindi proseguirà con l’allentamento della politica monetaria.
In ogni caso, dopo la decisione di ieri, “avere pochi dati aggiuntivi – tra un meeting l’altro – non rappresenta più un ostacolo a nuove riduzioni. Anche se Lagarde e il suo team evitano di fornire indicazioni future, sembra che la Bce sia passata da tagli legati a nuove proiezioni macroeconomiche, ogni trimestre, al considerarli in ogni riunione”. In definitiva, “sembra che mirino a portare i tassi di interesse a livelli neutrali il più rapidamente possibile.”
Le aspettative di crescita e inflazione del sondaggio SFP
Se la visione di ING è corretta, le aspettative di medio-lungo termine su crescita e inflazione non sono più l’unico aspetto di cui tenere conto per anticipare le prossime mosse della Bce.
In ogni caso, resta importante monitorarle e a tal proposito si segnala il sondaggio SFP (Survey of Professional Forecasters) pubblicato oggi dall’istituto. Il quadro conferma sostanzialmente le previsioni dell’indagine precedente, che risale a luglio.
Per il Pil è prevista una crescita dello 0,7% nel 2024, un +1,2% nel 2025 (-0,1 pp) e +1,4% nel 2026, mentre per l’inflazione è attesa una variazione del 2,4% quest’anno, seguita da un 1,9% nel 2025 (-0,1 pp) e nel 2026. Invariate al 2% le aspettative di inflazione a lungo termine (2029).
Infine, il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi in media al 6,5% nel 2024 e nel 2025, ma scendere al 6,4% nel 2026 e nel lungo termine (come previsto a luglio).